e ora tocca a Llyre mostrare di cosa è capace la più dotata delle appartenenti all'Ordine del Verbo, quando è vicina alle sue sorelle
“Cosa… Cosa sta succedendo?”
Tutto si muoveva troppo velocemente per lei e Llyre non capiva cosa stesse succedendo. La cerimonia era stata interrotta, la terra tremava, urla di terrore ovunque. Le sembrava che il mondo si fosse messo a girare attorno alla sua testa.
Poi quella strana sensazione. Freddo. All’altezza della gola.
E la voce. Un bisbiglio di fianco al suo orecchio che solo lei poteva udire in quel trambusto. Una voce calda, gentile, eppure autoritaria: “Non ti farò del male, non aver paura, ma tu non devi muoverti…”
Era stata presa in ostaggio. Come era possibile? Non riusciva a vedere la faccia del suo rapitore, ma il braccio che la teneva stretta in vita le sembrava duro e rigido come un pezzo di legno. Forse avrebbe potuto fare qualcosa per liberarsi, ma le sue mani e le sue gambe si rifiutavano di muoversi. Era paralizzata dal terrore, non riusciva a muovere un muscolo.
Poi vide Fomar accorgersi di lei. Della sua situazione. Oddio, era così inutile, così piccola. Lei non ci voleva neanche venire. Anche se le sue sorelle le dicevano di essere forte, lei odiava i roghi. Erano per la gloria della divinità, si, questo lo sapeva, doveva essere felice di partecipare a quelle cerimonie. Osservare lo spettacolo della morte e futura rinascita di coloro che avevano peccato, l’estrema misericordia della chiesa che donava alle persone una nuova possibilità nella prossima vita.
Ma lei non ci riusciva. Riusciva solo a vedere il dolore nei loro occhi, la loro sofferenza, la loro voglia di vivere. Le sembrava di essere là sopra insieme a loro, mentre il fuoco mangiava le loro carni e sentiva la propria anima lacerarsi di pietà.
Quando tornava nella sua celletta nella sede dell’Ordine del Verbo, non riusciva mai a trattenere un pianto a dirotto che la spossava per giorni.
Quel giorno era quasi felice che tutto fosse interrotto, che quelle persone incappucciate stessero facendo scappare i condannati. Ma non voleva che altre persone si facessero del male. Avrebbe voluto urlare a Fomar di quella persona che si stava avvicinando alle sue spalle. Del pugnale che aveva in mano!
Ma le parole non volevano uscire.
La paura le stringeva la gola in una morsa che non le permetteva quasi neanche di respirare.
Cosa poteva fare? Cosa?
Forse… forse poteva fermare lei quella figura! Le sue sorelle erano lì, vicino a lei, poteva usare i suoi poteri, incanalare la forza di tutte contro di lui.
Pregò in silenzio, dentro se stessa, a occhi chiusi, nel profondo del suo cuore, di trovare la forza per fermarlo, perché nessun altro si facesse male quel giorno, voleva solo che ogni dolore smettesse in quell’istante…
Aprì gli occhi e fissò quell’uomo.
Come le onde che si dipanano attorno a un sasso gettato in uno stagno, l’energia fluì fuori da lei verso l’obiettivo. La si poteva quasi vedere, come una perturbazione nell’aria che spostava le gocce di pioggia che cadevano lungo la sua avanzata. Fino a colpire il bersaglio.
L’uomo venne sbalzato indietro di alcuni metri senza farsi male, ma dando tempo a Fomar di accorgersi della sua presenza.
Poi Llyre percepì un movimento alle sue spalle. L’uomo che la teneva ferma aveva allontanato la lama dalla sua gola, si voltò per cercare di vedere cosa stesse facendo.
Un rapido fruscio di tessuti.
Un colpo, prima ascoltato che sentito.
Poi il buio.