Quella mattina era stato svegliato presto, alle 6:20, dal suono del suo cellulare, che per deformazione personale lasciava sempre acceso, anche durante la notte.
Dapprincipio non aveva capito chi fosse dall'altro capo, rispondendo con uno sbadigliato "Pronthoooou." dall'altro capo, la voce di una segretaria che non conosceva gli comunicava che avrebbe dovuto presentarsi agli uffici del Quartier Generale dell'FBI a Washington per un nuovo caso. Anche alla sua collega era stata notificata lo stesso ordine di servizio.
Ancora mezzo assonnato, ma con la parte già sveglia della testa già pianificando il da farsi, salutò la segretaria "Ordini ricevuti, ah, una cosa..." fece lui.
"Sì?" rispose la segretaria.
"Grazie per la sveglia." scherzò, chiudendo la chiamata.
Spostò le lenzuola nere e si alzò dal letto.
Entrò in bagno passandosi la mano sul viso, sentendo la ruvidezza della barba di tre giorni.
Di solito non si radeva dopo così pochi giorni, ma magari quest'oggi poteva fare un eccezione. Prese un po' di schiuma da barba e se la spalmò in maniera omogenea sul viso, poi aprendo il rubinetto dell'acqua calda fece passare le lame del suo Gilette sotto il getto e poi iniziò a radersi.
La prima sensazione di contatto della lama bollente sul viso lo fece tentennare per un attimo, lo faceva ogni volta, il suo cervello sapeva quel che stava per accadere, ma il suo corpo reagiva d'istinto.
La rasatura scorreva rapida e veloce, mentre il rasoio estirpava via la sua barba incolta e lui sentiva quella sensazione di piacere che tutti gli uomini provano durante la rasatura.
Dopo aver finito la sbarbatura, si tolse i pantaloni vinaccia del pigiama che indossava, i boxer e la maglietta intima e si ficcò sotto la doccia.
Farsi la doccia al mattino presto, un altro dei tanti piaceri della vita, un piacere momentaneo e fuggevole, ma che per quegli attimi appagava, mondando via non solo lo sporco, ma anche lo stress di una brutta giornata o il sonno appena passato.
Passò la mano sul braccio sinistro, accarezzando il drago dalle scaglie verdi che come un serpente gli ghermiva il braccio, donandogli il potere, o almeno così disse il tatuatore cinese che glielo fece, assieme ai suoi due compagni di squadra dei tempi dell'addestramento.
Si diresse in camera e dopo aver chiamato Esthel, si accordò con lei d'andare a prenderla verso le 7:30, per poi fare una veloce colazione e dirigersi al luogo designato.
Ancora mezzo assonnato, prese a vestirsi piano, sentendo i rumori che provenivano dall'esterno, basse sirene lontane, lo stridio dei gabbiani e la risacca del mare.
Dopo essersi infilato dei pantaloni scuri, una camicia bianca, un gilet grigio, le bretelle con la fondina, che lasciava nell'ultimo cassetto del suo comodino, e la giacca scura, infilò le scarpe scure, chiuse i piccoli lucernai che illuminavano l'interno del suo loft, entrò in una piccola porta in fondo alla grande sala, proprio sulla parete opposta del grande cancello d'entrata, che non usava quasi mai.
Chiuse a chiave la porta dietro di sé e disattivò l'allarme della sua auto, una Shelby Cobra Daytona Coupe (
http://www.ultimatecarpage.com/images/large/2-1.jpg ), che era riuscito a portare a casa grazie a una fortuita asta di polizia, aprì la saracinesca automatica ed entrò in macchina.
La sensazione del sedile di pelle sotto di sé e sulla sua schiena era sempre meravigliosa, la sensazione di ruvidezza della pelle di cui era coperto il volante, al tocco delle sue dita lo lasciava sempre eccitato come un bambino in un negozio di caramelle. Accese il motore e lo fece rombare un po', prima di far uscire la macchina ed uscire, azionando su un pannellino il codice per azionare gli allarmi sparsi in tutto il locale.
Si diresse spedito verso casa di Esthel.
Chissà che caso gli sarebbe stato affidato questa volta.
Sperava non fosse il solito matto stupratore col complesso di Jack lo squartatore, ma se lo fosse stato sarebbe morto dalle risate.